Parliamo ora di una serie fortunata: quello del pesce è il primo soggetto attraverso il quale lo scultore piemontese Giovanni Tamburelli si fa conoscere al quale è dedicata la sua mostra d’esordio: l’importante debutto nella galleria di Antonia Jannone a Milano (1996). Il pesce diventa un distintivo dell’artista e fa davvero di lui, come disse qualche anno fa un suo ammiratore allora quattro/cinquenne, il “Signore dei pesci”. I pesci attirano l’attenzione di Alessandro Allemandi, che organizzerà alcune mostre tra Italia e Catalonia, e con cui Tamburelli collaborerà tra il 1998 e il 2003.
Nella bibliografia critica sull’artista non c’è pressoché autore che abbia mancato un riferimento a questo tema, diventato appunto una “griffe” tamburelliana e rimasto, al contempo, indizio di quella sorta di altrove permanente in cui l’artista vive: I “pesci” di Giovanni Tamburelli sono sicuri indizi dell’altrove più deduttivo e plausibile, quello dei mondi sommersi. E prenatali. Sciamano o appaiono in livree ferrate dai colori caleidoscopici o contaminati da combustioni sofferte in incalzanti tappe evolutive…..

(P. Franz, Ventuno flash di Giovanni Tamburelli, in Certi pesci, Torino/Barcellona 2002).

(Alessandra Ruffino, Hotel du Tambour, Ed. Umberto Allemandi, Torino 2016)

“ABITARE IL SOLE”, Monza, Associazione Culturale Arti<>sta, 5 dicembre 2019